In questa epoca di pandemia, vogliamo parlare di un quartiere che deve la propria esistenza proprio alle pandemie e alle epidemie: il Lazzaretto di Milano.
LA PESTE A MILANO
A quei tempi, era soprattutto la peste a mietere vittime e se Milano passa quasi indenne quella del 1348, anche grazie alle politiche adottate dai Visconti, altrettanto non si può dire di quelle successive.
Ad esempio, il Tempo Civico di San Sebastiano, che si trova in via Torino, non molto distante da dove sorgeva il Palazzo Imperiale ai tempi in cui Milano era capitale dell’Impero Romano d’Occidente, è stato costruito nel corso della peste del 1576, quella che è passata alla storia anche come “Peste di San Carlo”.
SAN CARLO AL LAZZARETTO
Proprio a San Carlo fu dedicata la chiesetta che c’era al centro del Lazzaretto.
Esiste tuttora e il suo retro è visibile da viale Tunisia. L’ingresso, invece, è in Largo Bellintani. Si chiama, appunto, San Carlo al Lazzaretto. Tuttavia, l’aspetto che ha oggi non è uguale a quello che aveva nei secoli passati, quando imperversavano le pestilenze, in particolar modo quella del 1630. Infatti, è stata la peste del 1630 a rendere celebre questo lazzaretto. Perché è quello de I Promessi Sposi.
Dicevamo della chiesa di San Carlo al Lazzaretto e del suo aspetto diverso da quello che aveva allora. Ai tempi della peste era aperta. Lo scopo era consentire ai malati di assistere alla Messa dalla propria stanza. Già allora avevano capito che per evitare che il morbo circolasse bisognava limitare gli spostamenti e gli assembramenti. Considerati i tempi, le stanze dei malati erano molto confortevoli, con una latrina e un caminetto.
Curiosità
San Carlo al Lazzaretto doveva essere abbattuta per far passare la ferrovia. La parrocchia di Santa Francesca Romana l’acquistò e la salvò. Anche oggi le due chiese fanno parte della stessa famiglia.
Nel corso dei secoli fu anche ghiacciaia e polveriera, un po’ come il Partenone.
Santa Francesca Romana è vicina a via Stoppani.
Del resto, il Castello Sforzesco doveva essere demolito per far passare una strada che collegasse il Duomo all’Arco della Pace. Lo salvò l’architetto Beltrami.
Il nome della San Carlo, quella delle patatine, viene da questa chiesa.
IL LAZZARETTO DI MILANO
Ci sono molte immagini che rappresentano il Lazzaretto: un quadrilatero murato. I muri ai lati sono stati costruiti durante la peste del 1524.
Nel corso della propria storia non è sempre stato adibito alla cura e all’isolamento delle persone con malattie infettive, ma è stato utilizzato anche come rifugio per i poveri: poco prima della Peste del 1630 era stato impiegato in questo modo.
La demolizione del Lazzaretto, acquistato nel 1881 dalla Banca di Credito Italiano, iniziò nel 1882, per volere della banca, nonostante il parere contrario del Comune.
Il progetto scellerato di distruggere il Castello Sforzesco è degli anni intorno al 1894.
Attualmente, l’unica vestigia del Lazzaretto che rimane è una parte del muro del lato di via San Gregorio, dove c’è una chiesa ortodossa. Sullo stesso lato, al civico 3 (la chiesa ortodossa è all’1) c’è un edificio progettato da Vico Magistretti.
La toponomastica del Lazzaretto di Milano
Il quattro lati
Uno dei lati sorgeva sull’attuale via San Gregorio, gli altri tre lati erano su Corso Buenos Aires, piazza Oberdan/via Vittorio Veneto e via Lazzaretto. Vicino alla chiesa di San Gregorio c’era un cimitero. Via San Gregorio è famosa (in questo caso famigerata) per la Belva, ma questa storia non c’entra niente con il Lazzaretto.
La toponomastica del quartiere è in gran parte legata alla peste. Naturalmente, Oberdan e Vittorio Veneto sono nomi che rimandano all’unificazione dell’Italia e Buenos Aires fa riferimento all’emigrazione italiana (corso Loreto venne ribattezzato così in occasione dell’Esposizione Universale del 1906).
Le altre strade
Via Tadino. Alessandro Tadino era un medico. Durante la peste del 1630 si occupò della sanità pubblica. Manzoni per scrivere I Promessi Sposi prese come fonte il suo libro Raguaglio dell’origine et giornali successi della gran peste contagiosa, venefica, & malefica seguita nella Città di Milano, & suo Ducato dall’anno 1629 sino all’anno 1632.
Curiosità: via Tadino compare ne Il giallo di via Tadino. Il luogo del delitto è il 17/C. Che non esiste. È nello stile dell’autore, Crapanzano, inventarsi dei luoghi. Lo fa per evitare errori e critiche. In ogni caso, il 17/C di via Tadino sarebbe stato oltre il muro di via San Gregorio del Lazzaretto di Milano.
Via Lecco. Lecco è la città di Renzo e Lucia.
Via Lodovico Settala. Anche Lodovico Settala era un medico e fu in prima linea nel corso della Peste di San Carlo e di quella del Manzoni, che nei Promessi Sposi lo menziona due volte. Fu tra i primi a capire che la malattia che si stava diffondendo era la peste.
Largo fra’ Paolo Bellintani. Paolo Bellintani ha scritto un libro intitolato Dialogo della peste.
Via Felice Casati. Felice Casati era un frate cappuccino e gestì il Lazzaretto di Milano nel corso della peste del XVII secolo. Morì a Livorno, che gli ha dedicato una targa nel luogo in cui è spirato. Era seppellito nella chiesa della SS. Trinità della città labronica, ma dopo un bombardamento i resti sono andati dispersi.
L’archistar
Via Lazzaro Palazzi. Chiudiamo con la star. Lazzaro Palazzi è l’architetto che ha progettato il Lazzaretto. Quando si ha il destino nel proprio nome: un architetto che di cognome faceva Palazzi e di nome Lazzaro e ha progettato il lazzaretto di Milano (lo fece insieme a un altro Lazzaro, Lazzaro Cairati). Morì un anno prima della fine dei lavori, avvenuta nel 1508. I lavori furono portati avanti da Bartolomeo Cozzi. Anche a lui hanno intitolato una via, ma non è in questa zona: si trova a Greco, un altro quartiere della parte nordest della città.
A differenza di altri di cui abbiamo parlato prima lui visse nel XV secolo e non nel XVII.
Infatti, già verso la metà del Quattrocento gli Sforza avevano capito che occorreva fare un Lazzaretto a Milano e decisero di farlo lontano dal centro abitato e di farlo a oriente della città. Infatti, avevano notato che nel milanese i venti soffiano da ovest verso est. Il vento doveva spazzare via il morbo.
C’era un altro lazzaretto a Milano. Se andate in via San Mamete ne trovate delle tracce. E infatti anche via San Mamete (Crescenzago) si trova nella parte est della città.
ETIMOLOGIA DI LAZZARETTO
La parola lazzaretto fonde Lazzaro, il morto resuscitato da Gesù e patrono degli appestati, e Nazareth, dal nome dell’isola veneziana di Santa Maria a Nazareth, dove chi arrivava da Paesi in cui c’erano malattie infettive doveva stare in quarantena (anche le merci). Si pensa che Venezia sia stata la prima città a concepire l’idea del lazzaretto e della quarantena, nel XV secolo.
IL LAZZARETTO DI MILANO OGGI
Oggi il quartiere Lazzaretto di Milano, che si trova vicino a Porta Venezia, è una delle zone più vive della città. È uno dei distretti di Fuori Salone. È caratterizzato dalla presenza di ristoranti e locali dell’Africa Orientale Italiana o habesha. Aldo Nove l’ha definito “la zona equatoriale di Milano”.
Curiosità sulla zona
Nella farmacia settecentesca via Panfilo Castaldi, che però era uno stampatore, è stato inventato l’amaro medicinale Giuliani. Si trova al civico 29.
In questo quartiere abitava Giorgio Scerbanenco.
Palazzo Luraschi si trova all’angolo tra Buenos Aires e Oberdan, quindi proprio dove sorgeva il muro del lazzaretto di Milano. Fu il primo a infrangere la regola della servitù del Resegone, che voleva gli edifici non impedissero la vista delle montagne a Nord di Milano.
Nel suo cortile sono presenti delle effigie dei personaggi de I Promessi sposi.